Posted by: christiandenicolo | 10/12/2019

Ama Dablam Expedition 2017 video

Video della mia ultima spedizione

Posted by: christiandenicolo | 08/07/2018

Amadablam Summit

 

Sono passati molti mesi dall’ ultima volta che ho scritto qualcosa qui sul mio blog riguardo la mia ultima spedizione in Nepal al Amadablam realizzata nel novembre 2017. E´stato un periodo stupendo, vissuto in maniera molto intensa con giornate impegnative, ma fatto anche di incontri molto interessanti ed esperienze bellissime in ambienti a me sempre più familiari. Questa volta scrivo con molta tristezza e più fatica del solito, perché pochi giorni fa ( Mt Agner 17 giugno 2018) e’ venuto a mancare in un incidente alpinistico qui nelle Dolomiti il mio compagno di spedizione Berni Mahlknecht col quale avevo passato delle super settimane insieme scalando la cima del Island Peak 6200 mt. e del Amadablam. Tra di noi si era instaurata una bella e profonda amicizia. Berni era una persona con il quale ti capivi al volo senza tante parole. Ora purtroppo non ce piu fisicamente ma di lui rimarra´un grande ricordo, un compagno davvero straordinario, un bravo arrampicatore, semplice, divertente e che sapeva adattarsi a qualsiasi situazione si presentasse, possedendo una grande capacita’ alpinistica ed un forte spirito di avventura. Era uno di quei compagni che risceglieresti subito per un’ altra spedizione. L’idea di scalare l´Amadablam mi era venuta diversi anni fa quando passandoci sotto per l´ ennesima volta mi chiesi se mai fossi stato in grado di salire una cima come quella. E´una montagna con una sagoma inconfondibile, maestosa  ed affascinante allo stesso tempo. Viene chiamato “Il Cervino dell’ Himalaya” che con i suoi 6812 mt. presenta una scalata molto tecnica richiedendo una buona conoscenza di progressione sia su ghiaccio, roccia e terreno misto. Non nascondo che dentro la mia testa vi erano molte domande, dubbi e anche paure. Pero’ e’ proprio quando tutte queste sensazioni si mescolano tra di loro che la cosa si fa piu interessante. Nel 2010 sali la cima del Mt. Denali 6194 mt. in Alaska con temperature che raggiunsero i -30 gradi, dal Tibet nel 2011 provai il Cho Oyu 8200 mt. dove arrivai ai 7300 mt. di campo 2 e dovetti rinunciare alla cima per colpa del meteo sfavorevole. ( Temperature di -30 la notte con Jeet Streams… che sono venti molto freddi e forti in quota). Nel 2014 arrivai in  vetta al  Himlung Himal 7200 mt. nel gruppo dell´Annapurna senza grandi difficolta´. Analizzando un po tutte queste mie ultime salite , considerando il freddo spesso sofferto in passato ma ben sopportato e sapendo che in quota il mio fisico fortunatamente non ha mai dato grossi problemi, pensai che la cosa migliore da fare per risolvere i miei mille dubbi fosse quella di scrivere e chiedere consiglio  a Temba Tsheri Sherpa e Nima Gyalzen Sherpa, due miei super amici nepalesi con alle spalle tutta una serie di spedizioni su cime come Everest, Lohtse, Makalu…, riguardo questo mio nuovo progetto. Loro sono due forti ” Climbing Sherpa” che vivono di Himalaya e sanno darti i giusti consigli.  Nima rispose alle mie mail senza usare tante mezze parole. Mi disse che l’ Amadablam era piu tecnico rispetto ad Everest e ad altre montagne, ma che secondo lui la cima l’ avrei potuto fare senz’ altro, e che sarebbe stato felice di venire con me. Leggendo le sue parole mi venne una scarica di adrenalina indescrivibile e che mi fece capire che il mio prossimo obiettivo sarebbe stato solo più uno: L’ Amadablam. Non do mai nulla per scontato perché ogni montagna ha la sua storia con pro e contro ma con Nima al mio fianco, mi sentivo tranquillo, sicuro e con una buona possibilità di successo. L´obiettivo ormai era chiaro, ora si trattava solo di iniziare ad allenarsi come dio comanda. Uscite presto al mattino in inverno con sci da alpinismo due o tre volte alla settimana, scalate in ghiaccio, in estate tanta corsa in montagna, arrampicata, salite ripide con bastoncini e fatiche con 30 kg di peso nello zaino per potenziare la forza nelle gambe. Niente viene da niente ma ero disposto a questo ed altro pur di farcela. Esperienza credo di averne accumulata in tanti anni di spedizioni fatte ed arrampicate qui nelle Dolomiti. Di conseguenza mi sentivo abbastanza tranquillo. Berni lo conoscevo di vista e ricordo che lo incontrai un giorno per caso in paese a Selva, dove entrambi abitiamo, vestito da maestro di sci. Con un sorriso molto simpatico, mi fermo’ e mi chiese se avessi qualche progetto per l’ autunno…gli dissi che l´idea era di andare in Nepal….subito mi chiese: “E quale montagna”? Gli risposi: ” Amadablam”… i suoi occhi si illuminarono e mi disse: “Fammi sapere se ti serve un compagno, quella montagna mi piace molto, ho sentito della tua idea da un amico e volevo chiederti se potevo venire con te”. Sorrisi…. Di lui non sapevo moltissimo dal punto di vista alpinistico a parte che aveva provato a salire lo Spantik in Pakistan ed era stato in cima al Lobuche Peak in Nepal qualche anno prima. Aveva scalato belle pareti qui nelle alpi e dintorni, e l’ impressione che mi diede li sul momento fu positiva e senza pensarci tanto che dissi a lui che per me non c ‘era nessun problema e che la cosa mi avrebbe fatto molto piacere. C’ era ancora molto tempo prima di decidere partenza ed altro cosi lo salutai dicendo che ci saremmo parlati piu avanti con calma spiegandoli il mio programma. Scrissi a Temba, che ora gestisce l’ agenzia Sherpa Khangri Outdoor a Kathmandu.  Temba fu lo Sherpa nepalese più giovane che con 15 anni sali la cima più alta del mondo, l’ Everest con i suoi 8850mt. Gli chiesi se fosse possibile organizzare l’ Amadablam nonostante fossimo solo in due. Mi rispose dopo pochi giorni che non c’era nessun problema, …aggiunse solo… “Send me the money and copys of your passports”… tutto molto semplice no? Basta pagare…. e tutto si puo fare. Passata la stagione invernale un bel giorno mi rincontrai con Berni in pizzeria assieme a Nikolaj, un mio amico danese che la primavera prima aveva tentato assieme a Nima la salita dell’ Everest e col quale in passato avevo salito Kilimangiaro ed il Himlung. Spiegai a Berni che la mia idea era di fare un trekking tarnquillo da Lukla verso Chhokung con durata di circa 7-8 giorni, da li andare al campo base dell’ Island Peak, sailre la cima, scendere, dormire una notte ancora a Chhokung e poi tirare dritto per il campo base dell’ Amadablam dove Nima ci avrebbe aspettato. Lui nel frattempo era al Makalu con un gruppo di clienti cinesi. Berni mi disse che il mio programma gli piaceva molto, che avrebbe fatto tutto insieme a me, l’ unica cosa, avrebbe voluto salire le due cime in solitaria senza Sherpa che lo accompagnasse e senza usare corde fisse. Sapevo delle sue capacita’ alpinistiche, per me avrebbe potuto fare come meglio credeva ma gli dissi solo che secondo me per l´Amadablam era meglio che ci riflettesse su bene. Portarsi tenda viveri sacco a pelo, materiale tecnico e chi piu ne ha piu ne metta, fai subito ad avere uno zaino pesante oltre 25kg., si sprecano tante energie e in solitaria cosi, la possibilità di fare la cima sarebbe stata minore.  Se comunque la sua idea era questa io non mi sarei opposto e l´avrei rispettata anche se non la condividevo pienamente. Nel frattempo organizzai due biglietti aerei e una buona assicurazione. Decidemmo di partire il 16 ottobre da Milano per Kathmandu. La data non fu decisa a caso. Mingma un mio amico nepalese, uno degli Climbing Sherpa più conosciuti e forti del momento, mi spiego’ che il periodo migliore per salire l´Amadablam era da novembre in poi perche´ il tempo era più stabile, e non c’ e’ rischio di monsoi anomali dall’ India che possono scaricare forti quantità di neve. Arrivati a Kathamndu restammo pochi giorni. Giusto il tempo di sbrigare le solite carte burocratiche, comperare alcune cose mancanti, una bella cena tutti insieme per conoscersi un po´ meglio e poi scappare via veloci dalla citta´ una volta avuto il via libera da Temba.  Il volo da Kathmandu verso Lukla fu sicuramente uno dei piu bei voli mai fatti. La giornata era perfetta. Cielo limpido con poche nuvole e si pote’ ammirare Everest, Lohtse e un infinita’ di altre stupende cime compresa la nostra. Il gruppo nostro era formato da Pasang Rinzee Sherpa´, un simpatico ragazzo nepalese con alle spalle diverse belle salite come Everest e altri 8000 mt. , Luckme Syangden Taman una ragazza di 20 anni simpaticissima e sempre sorridente che Temba decise di aggregare al nostro gruppo come assistente guida, Sara Vallana una ragazza della Valdossola che si era aggregata al nostro gruppo all’ ultimo secondo, amica di Cristina Piolini forte alpinista italiana che fu per molti anni la responsabile della Piramide del CNR a Lobuche e che conobbi nel 2006 durante la spedizione al Pumori. La mia impressione del gruppo fu molto positiva, piccolo gruppo ma con gente molto forte fisicamente, ben allenata, decisa e che sapeva il fatto suo.

Per raggiungere la cima del Imja Tse, più conosciuto come Island Peak di 6189 mt. abbiamo affrontato una parte del classico trekking che partendo da Lukla porta ogni anno centinaia e centinaia di turisti attraverso la valle del  Khumbu alla valle del Gokio o Kala Patthar e campo base dell´ Everest. Passando per Phakding, si arriva a Namche Bazar, un villaggio posto a 3340 mt. noto come il principale punto di partenza per spedizioni e trekking verso le molte vette Himalayane. A Namche abbiamo riposato due giorni per favorire il nostro acclimatamento, visitanto i piccoli villaggi di Khunde e Khumjung dove nel monastero locale viene conservato il cranio del leggendario Yeti. Da Khumjung, villaggio posto a 3750 mt. di altezza, si ha uno stupendo panorama su molteplici cime come Lohtse, Everest, Nuptse Amadablam, Kantega, Thamserku. Terminata la prima fase di acclimatamento, siamo ripartiti da Namche Bazar alla volta di Tengboche dove si trova il famoso monastero tibetano conosciuto col nome di Dawa Choling Gompa, probabilmente il più grande e famoso luogo di culto di tutta la valle del Khumbu. Merita sicuramente di essere visitato. Per me e´una tappa obbligatoria ogni volta che passo di li. Mi fermo sempre volentieri al monastero per seguire le cerimonie religiose dei monaci. Dopo una notte a Tengboche abbiamo contiunato alla volta di  Dingboche passando per Somare e arivare all´ultimo villaggio di Chhukhung a 4730 mt. Qui ci sono poche case, la gente che vi abita sono per lo più allevatori di Yak, e qualcuno gestisce i Lodge dove alpinisti e trekkers hanno la possibililita’ di soggiornare.

L´Island Peak e´una cima tecnicamente non difficile e viene salita ogni anno da numerosi scalatori. Ha ricevuto il nome di Island Peak nel 1951 da parte di Eric Shipton poiché appare come un’isola  in un mare di ghiaccio, quando vista da Dingboche. Il picco è stato poi rinominato, nel 1983, Imja Tse ma Island Peak rimane la scelta popolare. Il picco è in realtà un prolungamento della cresta che scende dalla punta sud del Lhotse Shar. L’Imja Tse fu scalato nel 1953, da un team inglese, come esercizio di addestramento in preparazione per la scalata al monte Everest dove il amoso Sherpa nepalese Tenzing Norgay ne fece parte. Per scalare l’Island Peak, si ha la possibilità di partire da un campo base sito a 5.087 metri chiamato Pareshaya Gyab iniziando la salita tra l´una e le due del mattino. Noi arrivati dopo 7-8 giorni di trekking decidemmo di riposare una notte a Chhukung per poi continuare il giorno con molta calma verso il campo base situato ad un´altezza di 4970 mt.. Partimmo verso le 10.00 di mattina dopo una buona colazione con una giornata piena di sole e poche nuvole. Fun bel camminare, il dislivello fu ideale perché non più di 200 mt. ed il sentiero si sviluppo lungo vecchie murene glaciali circondate da un sacco di bellissime cime. Ricordo Berni molto entusiasta guardare ogni parete per trovare la sua “Magic Line” ideale per scendere con gli sci…ripeteva spesso la parola “Magic Line” chiedendomi pareri e se fossi eventualmente sceso con lui con gli sci da qualche parte. Li dissi sempre :” Tu cercati la tua linea ideale e scenditela con gli sci, io ti aspetto sotto facendoti le foto”.  Lui come puro Freerider vedeva potenziali linee ovunque, io come ” sciatore normale ” non capivo sempre ste sue idee pazze, ma ci divertimmo un sacco a fantasticare osservando tutto sto immenso spettacolo di montagne attorno a noi.  Arrivati dopo tre ore di cammino al campo base, con Berni iniziammo ad organizzarci la tenda, sacchi a pelo ed il materiale tecnico che avremmo dovuto utilizzare per la salita. Oltre a noi  c´erano molti altri gruppi di persone al campo base pronti a salire la stessa montagna. Con Pasang per evitare una partenza troppo affollata decidemmo di partire poco dopo la mezza notte. La sera verso le 18.00 si mangio’ qualcosa e poi subito a dormire cercando di riposare il piu possibile. Nel buio piu pesto e nero della notte sotto una miriade di stelle, senti qualcuno chiamarmi per nome. Era Pasang che ci dava la sveglia. Erano le 01.00 ed era ora di partire. Solita colazione a base di te e qualche biscotto e via con zaino in spalla e frontalino acceso. Vidi davanti a me una scia infinita di luci salire la montagna, erano tutti componenti di altri gruppi partiti forse un ora´e mezza prima di noi. Nonostante fossimo in dietro, il nostro piccolo gruppo si muoveva con un ritmo talmente regolare che dopo nemmeno un´ora di salita, iniziammo a superare un bel po di persone. Quella mattina in salita non riuscivo a tirare fuori il 100% dal mio fisico, complice forse l´avere mangiato qualcosa che mi aveva preso allo stomaco e tolto un bel po di energie. La salita si sviluppava tutta su un pendio di roccia infinito. Sassi, ancora sassi e avanti sui sassi..Ad un certo punto ebbi dei problemi con la mia lampada frontale e come un principiante avevo lasciato pila di riserva e batteria di riserva in tenda, tanto che se non fosse stato per Passang che mi offri la sua pila di riserva, avrei potuto rimanere li come un cretino al buio ad aspettare i primi raggi del sole e tornarmene indietro. Per quanto si vada per monti, non si finisce mai di imparare e per fortuna a volte ci sono i compagni giusti che nel momento giusto ti danno una mano. Mentre eravamo li a trafficare col frontalino, Berni mi disse che avrebbe continuato piano per non prendere freddo. Lo vidi partire deciso e lo rincontrai dopo diverse ore. Alle 05.30 eravamo dove roccia, neve e ghiaccio si incontrano. Piccolo momento di pausa per bere qualcosa di caldo, mettersi i ramponi e continuare su terreno completamente innevato con diverse parti in ghiaccio. L´ ambiente fu molto suggestivo con pendi ripidi e molti passaggi tra un labirinto di seracchi e ponti di ghiaccio. Prima di raggiungere la lunga piana che porta al ripido pendio che precede la cima, ci fu da superare un grande crepaccio largo forse 7-8mt. Il passaggio fu assicurato con 3 scale di alluminio legate tra di loro e assicurate con due corde laterali ai margini del crepaccio stesso. Ci assicurammo con due moschettoni alle corde di sicurezza e Passang ci spego come camminare con i ramponi sui pioli delle scale. Non fece nemmeno in tempo a spiegare, che eravamo gia passati tutti dall´altra parte.  L´altopiano inizio ad illuminarsi dei primi raggi del sole, era un ´momento magico  molto difficile da descrivere che trasmette emozioni molto forti e ti trasmette una forte energia dentro. Il ritmo che avevamo era molto tranquillo e regolare a differenza di altri gruppi che provavano a forzare i ritmi ma che poi gli spezzava fiato e gambe e avevano bisogno di lunghe pause per riprendersi e continuare. Verso le 06.45 eravamo ad affrontare l´ultima parte della salita forse la piu impegnativa. Una parete sui 50-60 gradi di pendenza assicurata con diverse corde fisse. Mentre salivamo vidi Berni che era gia in discesa. Giusto un saluto veloce per dirgli “bravo” che era gia´ stato in cima e poi avanti ogni uno per la sua strada. Io assicurato con jumar e utilizzando una picozza salivo autonomamente mentre Pasang, Sara e Luckme  salivano tutti e tre insieme legati alla stessa corda. Arrivato in cima, c’era gia un po di sole e lo spettacolo da lassu magnifico.Tempo stupendo senza vento e visibilita´ ottima. Volli bere un po di te caldo ma come portai la tazza alla bocca mi venne un senso di nausea. Capi che non ero al top in quel momento. Feci tre foto ed iniziai a scender. Passang arrivo in cima con Sara mentre Lackme era un po provata e raggiunse la cima per ultima. Capi che era stanca, ma le urlai per incoraggiarla e caricala un po con un: ” Come on Lukmee move your ass….you are close to summit “. Pensai di ritrovare Berni piu in basso ad aspettarmi, ma non fu cosi. Corda doppia per 200mt ed eccoci di nuovo al crepaccio con le scale. Di Berni nessuna traccia. Conoscendolo, immaginai che si fosse incamminato verso il campo base. Passammo nuovamente il crepaccio arrivando molto velocemente al punto dove potemmo togliere i ramponi. Riposammo un´ora. Poi nuovamente zaino in spalla e giu per una discesa infinita che alla luce del sole ci fece vedere la scarpinata fatta durante la notte. Dalla cima al campo base del Island Peak ci vollero quattro ore e mezzo. Arrivati alle tende, la prima cosa che feci era togliere subito quelle scarpe pesanti, sedermi un attimo e bere tanto liquido. Mangiammo qualcosa, cucinato da un cuoco che era li ad aspettarci, riposammo credo due ore e poi solo il tempo di rimettere tutto negli zaini, smontare le tende e ritornare con calma a Chhukung dove ci aspettava un bel letto comodo, una doccia calda e tante cose buone da mangiare. Durante la permanenza al lodge di Chhukung incontrammo la spedizione coreana di Sung Taek Hong con Jorge Egocheaga che tentarono per la 5 volta la salita alla parete sud del Lohtse fin ora rimasta inviolata. Ci furono vari tentativi negli anni passati ma purtoppo anche molte tragedia come la morte del gande rivale di Reinhold Messner durante la “corsa” della conquista dei 14 ottomila, il polacco Jerzy Kukuczka. Fu bello incontrare Jorge e passare un po di ore a chiacchierare con lui che ci spiegava con foto e dettagli ogni metro della loro salita. La sera poi dopo cena ci fu ancora tempo per parlare con lui ed incontrare anche il coreano e capo spedizione Sung Taek Hong. Loro erano seguiti per settimane dai media coreani che riportavano giorno per giorno gli eventi della loro salita e poi trasmettendo le news nel loro paese. Alle 22.00 pero´ tutti a letto. La giornata seguente sarebbe stata lunga per tutti

Svegliati di buon ora, la colazione ci fu servita alle 07.00 mentre il materiale doveva essere pronto entro le 08.00 perché un gruppo di giovanissimi portatori era gia fuori del lodge ad aspettare le nostre consegne. Dopo colazione, ci fu qualche minuto per controllare di non avere dimenticato nulla.  Con zaino in spalla e molta grinta e morale alto, si parti alla volta del campo base dell´Amadablam. Giornata lunga ma molto bella, circa 20-25 klm da fare a piedi…le ore di cammino non le ho nemmeno contate. So solo che con Berni, Pasang e Luckme parlammo senza sosta ed il tempo passo più velocemente. Durante il tragitto ci siamo fermati per un caffe e torta al cioccolato a Dingboche, poi avanti verso Somare dove poco dopo ci fu il pranzo. Credo fossero le due di pomeriggio quando iniziammo la discesa verso il fiume Imja khola. Attraversammo l´unico ponte esistente nell´arco di non so quanti chilometri e da li per ripidi pendi inizio´ la salita verso il campo base del Amadablam. Sul ponte c’ erano tantissime “praying flaggs” le coloratissime bandierine di preghiera. A Berni piacevano molto. Ricordo che una settimana dopo la cima, Berni un giorno che eravamo a Kathmandu mi disse che passando il ponte il giorno che stavamo salendo per raggiungere il campo base, il suo pensiero era quello che sperava che come eravamo passati quel ponte in cinque, in cinque saremmo ritornati. In qualsiasi spedizione , ogni volta che ti trovi davanti alla tua montagna, i pensieri corrono, il pericolo c’ e’ inutile negarlo, motivo in piu per fare estremamente attenzione e non rischiare piu del dovuto . Attraversati il fiume, un pendio ripido ci porto verso il campo base´. Nuvole e nebbie basse ci avvolsero. Ma la salita fu ugualmente piacevole. Si saliva con molta calma per risparmiare energie e migliorare cosi l’ acclimatamento. Ci segui anche una colonna di Yak con i loro conduttori che portavano materiali al campo base per una spedizione di americani. Al campo base ero gia stato nel 2006, mi ricordavo di un prato enorme quasi come 3-4 campi da calcio messi insieme. Arrivati a destinazione dopo quasi due ore, ci rendemmo conto di quanti gruppi, come noi, erano li per affrontare la stessa montagna. Arrivammo nel posto dove le nostre tende erano gia state montate alcuni giorni prima dal personale della Sherpa Khangri. Posai lo zaino e mi venne incontro Nima. Ci fu un grande abbraccio tra di noi e fui stra felice di rivederlo dopo quasi due anni. Gli presentai Berni e Sara. Passang e Luckme li conosceva gia da prima. Ci fu offerto il classico te di Yak che e’ te nero ma che al posto del latte ha invece dentro il burro di Yak . Ha un gusto amaro acido ma e’ molto energetico. Con Nima andammo nella tenda-mensa e iniziammo a parlare di tantissime cose accadute in questi due anni dopo la cima salita insieme del Himlung Himal. Dopo un bel po decidemmo di andare a riposare e di rivederci alla sera per la cena dove avremmo parlato del piano tattico per scalare l’ Amadablam. Alle 18.00 ci ritrovammo con Berni, Sara, Nima , Pasang e Luckme. Nima ci fece notare che il meteo per i prossimi giorni non sarebbe stato molto bello e siccome ai campi alti c’ era parecchio muovimento di gente, saremo rimasti  due giorni al campo base prima di salire a campo1 a 5650 mt. a depositare materiale. A me la cosa andava benissimo perché avrei avuto un opportunita´ in piu per riposare, dormire, e ricaricarmi bene fisicamente. Anche Berni e Sara accolsero la decisione di Nima positivamente. Durante la sera inizio’ a nevicare e non smise per parecchie ore, ero un po preoccupato perche fuori erano gia caduti 10 cm di neve fresca. Fortunatamente durante la notte  la nevicata cesso´. La mattina quando ci svegliammo, la giornata si presento´ con un cielo limpidissimo, temperature fresche ed un campo base tutto imbiancato.

 

Vista la situazione, eravamo convinti di potercela prendere comoda anche il giorno seguente, ma non fu cosi. Pasang ci venne a trovare nella tenda-mensa e disse che Nima aveva deciso che il giorno dopo saremmo dovuti salire a campo 1 per depositare materiali come tende, sacchi a pelo, viveri e le scarpe d’ alta quota. La colazione ci fu servita alle 07.00. Zaini in spalla, alle 08.30 il gruppo inizio´ad incamminarsi.  Partimmo belli carichi con circa 20-25kg sulla schiena. Dissi subito che sarei salito con calma e piano perché avevo bisogno del mio tempo e del mio ritmo. In quota ho imparato una cosa sola….se vai piano, davvero piano allora le possibilita’ di riuscire sono maggiori. Oramai mi conosco e so esattamente con che ritmi mi devo muovere. Fu una pedalata infinita. Salite e discese tra le murena del ghiacciaio, un labirinto tra enormi blocchi di granito da superare e ripide placche da scalare allestite con corde fisse nella parte finale. Dopo 7-8 ore di salita arrivammo finalmente a campo 1, posto su una bellissima cresta con vista panoramica spettacolare. Rimanemmo per qualche ora lassu a goderci il posto, fu anche una buona occasione per migliorare l’ acclimatamento. Nel frattempo sistemammo sui blocchi di granito le nostre tende depositandoci dentro le cose che avevamo portato fino lassu. Bevemmo te caldo e mangiammo una minestra di carne, un goccio di Coca Cola e poi con molta calma scendemmo. Alle 17.00 eravamo nuovamente al campo base. Stanchi neanche da dire, ma per fortuna i due giorni successivi visto il meteo, potemmo utilizzarli per ricaricarci le batterie. Secondo le informazioni che Nima aveva ricevuto da Temba che era a Kathmandu, il bollettino meteo dava bellissime giornate per i giorni seguenti. Al campo base se non hai niente da fare la vita si fa un po monotina. Giri e rigiri e le cose che fai o le facce che vedi son sempre quelle. Io dormivo volentieri oppure mi leggevo dei libri ascoltando un po di musica. Mi aiuta a rilassare e ad aumentare la concentrazione. Con Berni durante il pomeriggio eravamo andati ad osservare un gruppo di “climbers” americani che si stavano esercitando su un sasso alto 4-5 mt. allestito dal loro capo gruppo con corda fissa utilizzando i jumar. Una volta arrivati su dovevano scendere facendo corda doppia. Da come erano attrezzati capivamo al volo tante cose e si vedeva che di montagna ne avevano masticata ben poca. Gente come questa compra un pacchetto viaggio con cima inclusa ma non si rende nemmeno conto di rischi e pericoli che corrono. Molte cime in Himalaya sono cosi commercializzate che basta pagare e ti vendono un Everest come se fosse quasi una paseggiata. I commenti ce li siamo fatti a voce bassa e dopo un po decidemmo di andarcene via. Cose del genere meglio neanche vederle. Se durante la scalata ti trovi gente cosi davanti, che sembrano elefanti che si muovono sul filo di una ragantela, capisce anche perché e’ facile trovarsi in situazioni di pericolo. Avevamo deciso di farci un giro per il campo base a vedere di conoscere qualcuno, ma anche li cosa non facile. Non riesco mai a capire perché quando provi a salutare o a chiedere da dove una provenga, quando ha intenzione di salire ai campi alti ecc. ….molti nemmeno ti rispondono, fanno finta di non sentire, non ti vedono e se la tirano come se fossero chi sa che cosa più degli altri. Piu volte ho fatto queste esperienze. Una mattina usciti dalle tende andammo per salutare degli alpinisti di una spedizione norvegese che aveva le tende vicino le nostre. Iniziammo con un “Namaste how are you”….questi manco ci considerarono. Roba da matti. Il giorno che salimmo per depositare materiale a campo 1, incontrammo una coppia polacca che scendeva e chiesi se avessero fatto la cima e come era andata, lui non rispose, lei disse:” We don ´t like to talk “. Andiamo bene.!!. La sera vennero a cena degli spagnoli amici di Nima, Xavi Arias capo spedizione e guida del gruppo” Infinit Emotions” aveva gia scalato insieme a Nima su diversi 8000 mt. ed ora era qui a guidare un gruppo di 6 clienti sulla stessa nostra montagna. Quella sera si parlo di tutto e di più, fu una serata molto bella ed allegra. Xavi ci disse inoltre che sarebbe partito per la cima un giorno prima di noi e al campo 1 avrebbe lasciato una tenda libera a nostra disposizione, bastava solo riportargliela durante la nostra discesa. Il 30 ottobre fu fatta la Puja che e’ una cerimonia religiosa in cui un monaco buddista celebrando una sorta di messa, chiede agli spiriti della montagna di essere clementi con gli alpinisti e di proteggerci dai pericoli durante la scalata. E’ un momento molto spirituale di profonda concentrazione e meditazione da parte di tutti che poi finisce col classico rito dove si offre riso che viene buttato per aria per due tre volte da parte di tutti gli alpinisti. A fine puja vengono distribuite cose da mangiare, te, birra e altro per concludere il tutto come una festa di ringraziamento agli dei.

Il 31 ottobre si inizio’ a fare sul serio. Fatta colazione, verso le 09.00 con zaini in spalla,ripartimmo per la seconda volta lungo i sali e scendi delle murene. Lo zaino fu un po meno pesante rispetto alla prima volta ma ogni uno di noi aveva dovuto caricarsi oltre alle sue cose personali, mangiare extra, acqua e bombole di gas per cucinare.  Io riparti piano come sempre, ma non vidi nessuno passarmi davanti, mi girai e dissi che se volevano potevano benissimo superarmi. Berni disse: ” No no io oggi ti sto dietro che hai un bel ritmo”. Luckme mi disse lo stesso in inglese: ” These rhythem is good “….. e andammo avanti cosi per un bel po. Ogni tanto una piccola pausa per bere qualcosa e poi di nuovo avanti piano. Durante la salita avevamo fatto diverse soste, mala giornata era bella e sicura per il tempo. Impiegammo un po di meno rispetto al primo giro. Alle 15.00 eravamo finalmente alle tende. Nima con Pasang prepararo qualcosa da mangiare mentre noi iniziammo a sistemare i sacchi a pelo per la notte. Durante la cena con Nima venne deciso di andare il giorno seguente direttamente da campo 1 a campo 2 posto a 5800 mt.. Non c´era molto dislivello da fare, ca. 300 mt. pero’ la salita era molto laboriosa. Si sale lungo un costone di roccia orizzontale e intorno a numerosi pinnacoli, l’esposizione è enorme, con enormi strapiombi da entrambi i lati della cresta, l’arrampicata è molto divertente con granito di buona qualità. Il punto più critico si trova appena prima del campo due, alle base di un’aerea torre di granito, la torre gialla, alla quota di quasi 6000 metri. La liscia parete rocciosa alta una ventina di metri conduce a una sella e quindi ad alcune strette cenge a cui si aggrappano le tende del campo. La verticalità e l’esposizione, unitamente al peso degli zaini, rendono ardua la scalata in libera. Oltre ad una buona tecnica alpinistica, ci vuole forza mentale, fisica e nervi saldi. La salita e´ interamente assicurata con corde fisse cosi come il tratto che da campo 2 porta alla cima. E’ severamente vietato fare errori. Il più grande problema e´ quello di sapere individuare in maniera precisa le corde fisse sicure da utilizzare per assicurarsiassicurarsi. Ogni anno centinaia di metri di corde vengono fissate ma molte vecchie lasciate ed abbandonate. Molte spariscono sotto la neve ingannando facilmente chi vi si attacca altre usurate e rovinate dal vento. Molti alpinisti quando salgono o per la fatica o per l´inesperienza spesso e volentieri si assicurano a tutto cio´ che trovano senza considerare se le corde dove si sono fissati siano in buono stato e sicure. Puntualmente capitano ogni anno diversi incidenti mortali proprio per questo motivo. La mia paura più grande non era quella di essere travolto da una scarica di ghiaccio, il freddo, una valanga o la verticalità di certi passaggi, ma proprio il sapere valutare bene dove attaccarsi e di principio utilizzare sempre una doppia sicura in caso una corda avesse potuto cedere. Vedendo certi ancoraggi, beh mi venivano i brividi, corde vecchie e consumate o usurate dal vento ancorate a volte ad un unico punto o singolo chiodo. Nima fu sempre davanti a noi in corda con Sara, subito dietro io e Berni, mentre Pasang e Luckme chiudevano in coda. I passaggi per arrivare a campo 2 furono molto impegnativi ed esposti e con uno zaino pesante e considerando la quota, la cosa si fa ancora più dura. Il punto piu impegnativo e duro fu sicuramente sotto la ” Yellow Tower”. Una paretina verticale di 30 mt. da superare con jumar. Bisognava tirarsi su a forza di braccia, bloccarsi e rispingere avanti lo jumar per guadagnare altri metri. Per velocizzare la cosa e risparmiare energia mi feci una staffa che mi aiuto moltissimo. Appeso ad una unica corda ancorata ad una sosta fortunatamente sicura, durante la lenta salita pensai spesso ad un´unica cosa: ” guai se si rompe ” . Pochi metri di dislivello tra i vari campi ma impiegammo più di 6 ore per arrivarci. Il posto spettacolare posizionato su un nido d´acquila a strapiombo a 5880 mt. Una torre verticale di granito di 50 mt. quadri dove erano sistemate non piu di 9 tende. Il sistema per accedere da un campo all´altro era molto semplice. Si faceva a rotazione. Quando un numero di scalatori era a campo 1  e partiva per campo 2, dal campo base partivano altri scalatori alla volta di campo 1 e cosi via senza creare sovraffollamenti. Eravamo in cima la Yellow Tower verso le 15.30 di pomeriggio. Nima e Pasang come al solito si occuparono della ” Haute cuisine”..preparando un po di “noudles cinesi”, in piu avevamo speck, parmiggiano e qualche pezzo di cioccolata. Nima non volle partire con gente davanti a lui. Decise che la sveglia doveva essere alle 23.00 e la partenza non dopo le 23.30. In tenda si stava un po strettini, dissi a Berni di cercare di muoversi il meno possibile perche´ sotto di noi c´era un bel po di vuoto… Qualche battuta a riguardo e poi tutti a dormire. Non si fece quasi a tempo a chiudere gli occhi che gia suonava la sveglia. A vestirsi in tre nella tenda era un bel impegno e non facile, ma con pazienza si fecce tutto. La colazione fu veloce, un po di te e due biscotti ,non riesco mai a mangiare di piu. Mentre eravamo a metterci i ramponi, controllare imbrago e mezzi di assiucurazione, le pile della lampada forntale, riconobbi la voce di Xavi Arias. Non capivo perche´ fosse rientrato cosi tardi dalla cima con i suoi due compagni. Erano tutti e tre molto stanchi e provati. Parlavano con degli Sherpa di soccorso, di un coreano che stava male, di ossigeno…  Partimmo come previsto verso le 23.30. La temperatura sara´stata sui -20 ma fortunatamente non c´era vento. Davanti a noi Nima e Sara, io e Berni subito dietro, Pasang e Luckme leggermente più distanti. Procediamo in fila indiana. Quasi subito la cresta si raddrizza, raggiungendo la verticalità con la torre grigia, un pilastro verticale che si affronta sulla destra con tre tiri di  arrampicata su un misto di neve ghiaccio ed alcuni brevi tratti di roccia, bisogna procedere uno alla volta visto che dal canale scendono parecchi pezzi di ghiaccio. Si raggiungere una sottile crestina di neve a 70°.

Da campo 2 la salita si fa impegnativa, richiede tecnica e alta concentrazione su passaggi di granito e ghiaccio. Era buio pesto e l´unica cosa che si riusciva a vedere era il terreno illuminato dalle nostre luci. Si procedeva in maniera regolare mantenedo un ritmo costante. Passi corti ma ben precisi. Della salita non ricordo moltissimo perche´ ero molto concentrato sui vari passaggi che c´erano da affrontare. Durante una piccola pausa, Berni mi passo davanti. Poco dopo notai che stava salendo con due picozze in mano mentre il resto di noi procedeva usando solo lo jumar. La sua idea era di salire la cima toccando meno possibile le corde fisse. Lui si ispirava al mitico alpinista svizzero Ueli Steck dove tutto doveva essere leggero e veloce . Berni ci provo per un bel tratto, ma man mano che si saliva mi accorsi che stava diventando stanco.Poco dopo, superiamo un panciuto seracco appeso chissà come alla cresta, sulla cui piatta sommità trovano posto le tende del campo tre. Incombente, sulla verticale del campo, torreggia il Dablam, la “collana” da cui prende il nome la montagna. Il gigantesco grumo di ghiaccio pensile domina questo versante del monte, ed è visibile sin da Namche Bazar. Cercai di convincere Berni a mettere via le picozze e risparmiare tutte le energie per raggiungere la cima. Mi guardo e mi disse ok…..dissi che da qui in avanti avrei fatto il ritmo contando non piu di 20-30 passi alla volta. Quando mi fermavo doveva fermarsi anche lui. Partimmo ed iniziammo a fare un bel ritmo. Mancavano non piu di 400 mt. alla cima. Guardando verso la mia sinistra vidi al orizzonte un po di rosso e arancione, controllai il mio altimetro e segnava 6550 mt., ed erano le 06.20. Man mano che salivamo divenne sempre piu chiaro. La cima non doveva essere piu lontana ma quel pendio era ancora ripido,molto ripido e sembrava infinito. Procedevamo sempre con me davanti che contavo i passi e Berni dietro. Da lontano il Pumori, il Cho Oyu e tante bellissime cime vennero illuminate dai primi raggi del sole. La pendenza non cenna a diminuire anzi a tratti si fa molto ripida quasi verticale, con alcuni tratti talmente ghiacciati che sembra vetro. Superate le canne d’ organo lavorate da sole e vento ad un tratto vidi Nima sparire, poco dopo Sara. Avevano scollinato superando l´ultimo dosso ed erano in cima. Io e Berni li raggiungemmo pochi minuti dopo. Erano le 07.15 del 3 novembre ed eravamo arrivati in cima al Amadablam. Gioia immensa, panorama spettacolare con vista su Everest, Lohtse, Manaslu, Cho Oyu, Kanchendzonga, e chi più ne ha più ne veda. Eravamo gli unici ed i primi quella mattina in vetta. Scattate le foto di rito con tutti i vari amici di spedizione dopo circa 30 minuti di permanenza sulla cima, dissi a Nima che io e Berni volevamo iniziare a scender. I primi che incontrammo durante la discesa furono Pasang e Luckme. Più sotto seguirono alpinisti appartenenti ad altri gruppi. In discesa eravamo piuttosto veloci, tanto che in meno di quattro ore eravamo quasi al campo due. A 300 mt. dal campo 2 fummo bloccati da un gruppo di cinque giapponesi che con i relativi Sherpa stavano salendo lungo le corde fisse impedendo cosi a chi era sopra di loro di scendere. Aspettammo nello stesso punto per circa un’ ora. Poi finalmente arivammo al campo 2 dove aspettammo gli altri. Riposammo un paio di ore e poi si continuo’ la discesa fino a campo 1 dove si decise di passare la notte. Berni invece stava talmente bene che prosegui la discesa fino al campo base. Mi saluto dicendomi: ” Domani risalgo e ti vengo in contro”. Il giorno dopo scendendo da campo uno al campo base cercai di individuare Berni, ma nulla, non lo vidi mai arrivare in contro. Arrivai al campo base, Berni era li bello tranquillo su una sedia a piedi nudi in totale relax che si godeva una buona tazza di te caldo. Gli dissi ridendo: “Meno male che dovevi venirmi in contro”. Mi rispose:”La tirata di ieri mi ha cotto”. Presi una sedia, mi sedetti vicino a lui e ci godemmo il sole caldo del pomeriggio e ripercoremmo mentalmente tutta la salita e la discesa ammirando quella straordinaria montagna davanti a noi. Era un momento molto bello, eravamo fieri di noi stessi per quello che avevamo appena fatto. Difficile da descrivere. Piu tardi nel pomeriggio iniziarono a girare le primie notizie riguardanti un alpinista coreano precipitato dal Amadablam. Era il coreano di cui parlo´ Xavi Arias mentre ci fissavamo i ramponi agli scarponi. Durante la salita il coreano si era sentito male a causa della quota diventando apatico, era privo di forze e non più in grado di scendere. Non si sa per quale motivo si fosse tolto ramponi, svincolandosi inoltre dalla corda fissa, scivolo’ e precepito’ da un’ altezza di 6500 mt. morendo sul colpo. Il suo corpo fu recuperato nel tardo pomeriggio da un elicottero chiamato dal capo spedizione del suo gruppo e sucessivamente il corpo dello sfortunato alpinista, volato a Kathamndu. Più tardi due dei giapponesi che avevamo incontrato mentre noi scendevamo vennero recuperati ed evacuati da campo 3 a 6300 mt. con elicottero per congelamenti a mani e piedi e volati al campo base. La sera durante la cena si presento´ il nostro cuoco con una bellissima torta per festeggiare la cima. Venne tagliata e distribuita a tutti i membri della spedizione e si concluse cosi un’ altra super giornata.  Avevamo sperato di rimanere un giorno in piu al campo base, ma purtroppo i portatori organizzati da Temba erano arrivati con un giorno di anticipo costringendoci a smontare le tende e tutto il resto del campo, fare valigia e partire. Con Berni avevamo anche valutato la possibilita’ di andare e salire la cima del Lobuche Peak ma purtroppo per questo motivo logistico non fu possibile. Nima sarebbe rimasto un giorno in più al campo base per assicurarsi che tutto il materiale del campo base fosse trasportato e risistemato al villaggio di Somare, dopo di che se ne sarebbe ritornato a Kathmandu in elicottero, mentre io, Berni, Pasang, e Luckme  quel giorno ci facemmo una bella tirata fino a Namche Bazar. Non so quante ore camminammo, ma il ritmo fu cosi veloce che ci chiamarono il ” Dolomiti Express”. Arrivati a Namche nel pomeriggio, con grande sorpresa incontrammo Kalus Malsiner, un nostro compaesano che con la figlia stava facendo un trekking. Nel lodge dove avremmo dormito l’ ultima notte rincontrammo Kancha Sherpa, l’ unico Sherpa ancora vivente della spedizione del 1953 dove Tenzing Norgay e Sir. Edmund Hillary conquistarono per la prima volta la cima del tetto del mondo. Disse che aveva sempre pregato per noi e sperava di rivederci presto. Fu un incontro bellissimo, molto particolare ed interessante. Eravamo tutti molto felici di rivederlo e onorati di potere parlare con lui. Un privilegio potere visitare la sua stanza piena di tantissimi ricordi e di riconoscimenti ricevuti dal governo del Regno Unito e nepalese per quella storica impresa. Il giorno dopo scendemmo a Lukla dove passammo l’ ultima notte. Poi ci fu il volo di ritorno per  Kathamndu.

Fu una bellissima esperienza anche questa volta, e sono davvero contento di avere scalato ancora una volta con Nima, e con uno come Berni.

Un grazie a tutti i miei compagni di spedizione, grazie a coloro che al campo base hanno cucinato e preparato ogni giorno un sacco di cose buone. Ringrzio i portatori che con grandi sforzi ogni giorni ci hanno accompagnato portando i nostri pesanti borsoni. Grazie a tutti gli amici che si sono allenati insieme a me sia d’ inverno che d’ estate, un saluto a tutti coloro che abbiamo incontrato durante queste meravigliose settimane trascorse in Nepal. Grazie ai miei Sponsor : Bevande Franz Rabanser, Caffe Caroma e Hubert della ditta Worndle. Un saluto a tutti coloro che ci hanno seguito da casa, che ci hanno scritto e trasmesso un sacco di energia positiva e con i quali mi scuso ancora una volta per il ritardo di questo post. La cima e´ dedicata anche a voi. Grazie a Temba Thseri Sherpa per la super organizzazione con la sua agenzia SHERPA KHANGRI OUTDOOR. Un grazie a Nima per essere stato ancora una volta mio compagno di spedizione. Grazie a Pasang e Luckme e grazie a tutti quelli che hanno reso possibile questa spedizione.

NAMASTE.

 

 

 

Posted by: christiandenicolo | 29/09/2017

Tra poco si parte….

Oramai non manca piu’ molto alla partenza per la nuova avventura in Nepal. In questi pochi giorni che mi rimangono cerco di concentrarmi e didicarmi al massimo al controllo di tutto il materiale alpinistico che portero’ con me, vedere che tutto il set medico con medicazioni e medicinali sia completo e che tutte le cose burocratiche siano apposto. Per quanto riguarda la preparazione fisica posso dire che nell’ inverno passato ho cercato di allenarmi con molte salite di scialpinismo e scalando in ghiaccio, mentre in estate tanta corsa in montagna, salite veloci e ripide con bastoncini, lunghe camminate con grandi dislivelli, salite con pesi tra i 25-28kg nello zaino ed arrampicata.  In quota tutte le energie che il corpo consuma non le recuperi piu’  ed e’ per questo motivo che ora non e’ piu il caso di caricare il fisico con ulteriori sforzi e fatiche. Le valige come al solito verrano preparate 3-4 giorni prima di partire. Io non riesco mai a farle ad esempio una settimana prima di partire perché ho la tendenza a rivedere e ricontrollare tutto talmente tante di quelle volte  e finche’ non sono sicuro e convinto al 100% che tutto sia perfettamente apposto, preferisco avere la casa sottosopra e disseminata di cose anche per 10 giorni e camminandoci attorno o sopra prima di decidere di chiudere tutto con i lucchetti.

Vorrei ringraziare tutti quegli amici che sia in inverno che d estate mi hanno accompagnato nei miei allenamenti alzandosi sempre molto presto al mattino e che hanno avuto la pazienza e voglia di condividere un po’ di sana fatica insieme.

Un grazie di cuore a Franz Rabanser Ditta Rabanser& Co. che mi ha nuovamente sostenuto con un contributo economico, Valentin Hofer di Caffe CAROMA  per i pacchi di caffe che mi fornisce gia’ da diversi anni e sempre molto apprezzato,  Hubert della ditta Worndle per avermi fornito speck e formaggio e Arik per avermi aiutato tecnicamente a realizzare la foto di questa nuova spedizione.

Parto il 16 ottobre e visto che i giorni stanno davvero volando via veloci, un saluto dalle mie Dolomiti e ci risentiremo presto con un po di belle foto e notizie dalle montagne Himalayane.

Namaste

Christian

Posted by: christiandenicolo | 24/06/2017

AMADABLAM EXPEDITION OCTOBER 2017

Dopo la conquista del Himlung Himal di 7200mt nell’ ottobre 2014, ora mi sento di nuovo pronto a ripartire per una nuova avventura. Era da un po che non scrivevo più notizie riguardanti la mia attività alpinistica ed in particolar modo sulle mie spedizion. Dopo il terremoto nel 2015 per quasi un anno dal punto di vista alpinistico in Nepal non si e’ mosso granche’ sulle cime himalayane. La priorita’ principale del governo nepalese con tutta la sua popolazione  era la ricostruzione delle zone distrutte dal sisma. Tutte le agenzie avevano interrotto le loro attivita’ organizative di trekking e scalate perché impossibile raggiungere molte localita’ a piedi, e molti villaggi erano completamente o semi distrutti. I miei amici dell’ agenzia Sherpa Khangri Outdoor e Dreamers Destination avevano perso in quell´occasione un sacco di materiale al campo base dell’ Everest, nonché erano morte persone che lavoravano per loro (un cuoco al campo base) e anche un cliente giapponese che voleva raggiungere il “Top of the World”. In Nepal regnava il caos più assoluto ….villaggi interi distrutti e cancellati da enormi frane con migliaia di persone morte, ferite e tutt’ ora disperse….una vera e propria catastrofe. Grazie  anche all’ immediato aiuto della comunita’ alpinistica internazionale si e’ mossa una grande macchina della solidarieta’ che ha sostenuto economicamente le popolazioni locali colpite, con la ricostruzione di villaggi, ponti, scuole, ospedali e sentieri. Joseph Einwaller un caro amico di Innsbruck che conobbi nel 2006 durante la spedizione al Pumori, insieme ad altri alpinist austriaci aveva cercato di raccogliere fondi e materiale come materassini, tende, coperte, medicinali e sacchi a pelo  da inviare con volo cargo dall’ Austria a Kathmandu come beni di prima necessita’, e con altri fondi economici venivano comprate enormi quantità di riso che servivano a sfamare chi era rimasto senza casa e senza niente. Sostenni la sua iniziativa con un’ offerta in denaro rimanendo in contatto con lui e i miei amici Sherpa per tutto l’ anno perche’ volevo sempre sapere come procedeva la riscostruzione sia a Kathmandu che nei loro villaggi. In cambio ricevetti molte foto e notizie positive. Qualcuno di loro e’ anche venuto a trovarmi durante l’ estate qui in Valgardena cosa che mi ha fatto molto piacere e ho voluto ricambiare  portandolo a conosacere le mie Dolomiti e fare anche qualche scalata insieme. Sono passati tre anni ormai dalla mia ultima salita in Himalaya e ora sento dentro di me la voglia ed il bisogno di ritornare a respirare un po di “aria sottile” ed il posto più giusto e´proprio li, in Nepal.

La cima che ho come obiettivo principale e’ il cosidetto “CERVINO dell’ Himalaya” ovvero l’ AMADABLAM che in lingua locale significa “collana della mamma” probabilmente per la sua forma cosi spettacolare e che ha un’ altezza di 6812mt.

Questa montagna l’ho osservata piu volte durante i miei trekking e passaggi per la valle del Solu Khumbu….Nel 2006 ero gia’ stato al campo base dell’ Amadablam, ricordo che mi ero sdraiato per terra con le mani dietro la testa e ammirai questa montagna per molto tempo….non pensai a nulla , fissai la montagna e basta. Avevo un grande rispetto per essa ma mai e poi mai avrei pensato di tornarci un giorno per scalarla….ero solo li ad ammirarne la sua bellezza. E’ una cima cosi spettacolare che ti affascina in una maniera tale che e’ davvero impossibile durante un trekking non fermarsi a guardarla.

Nell’ autunno 2016 il mio  amico Nima Gyalzen Sherpa aveva salito l’ Amadablam con dei clienti e cosi parlando del piu e del meno gli avevo chiesto se fosse molto impegnativa. Mi rispose di si, ha qualche passaggio tecnico nella parte tra il campo avanzato e campo 1 e poi anche nelle parti superiori presenta passaggi impegnativi lungo le creste….. continuando con la conversazione nacque in me quel desiderio di provarci….e cosi e’ nato questo mio nuovo progetto. La partenza e’ prevista il 16 ottobre da Milano per Kathmandu. Li rimarro’ 2 giorni per sbrigare le solite cose burocratiche al Ministero del Turismo e poi si volera’ da Kathmandu a Lukla da dove iniziera’ un trekking di circa 6 giorni che ci portera’ al villaggio di Chhukung a 4730mt. Li saliremo la cima dello Imja Tse (Island peak) 6190mt che sara’ la nostra cima di acclimatamento per poi scendere e trasferisi a piedi al campo base del AMADABLAM.

Con me ci sara’ Bernhard Malknecht di Selva, ……. mentre lui salira’ per sua scelta autonomamente entrambe le cime, io condividero’ questa nuova avventura con il mio amico Nima Gyalzen Sherpa che ha all’ attivo 7 volte Everest, salito Manaslu, Cho Oyu, Shishapagma, Annapurna, Lhotse, Kanchanjunga, e altre cime minori ma sempre di rilevante importanza.

Durante il trekking vi aggiornero’ con delle foto e news in tempo reale.

A presto.

Christian.

 

Posted by: christiandenicolo | 14/11/2014

La conquista del Himlung ….

DSCN5305Sono tornato a casa da pochi giorni ma la testa sembra ancora rimasta li in Nepal….e’ stata sicuramente una grande esperienza la conquista del Himlung, basata su grandi amicizie nate con gli amici Sherpa, fatta di momenti difficili ed impegnativi come tracciare la salita in 1mt di neve fresca, giornate caratterizzate dal meteo pazzo che per 36 ore di neve “non stop” ci ha bloccati per 4 giorni in una casa di contadini nepalesi ed allevatori di Yack, non lontana  dal paesino di Phu Gaon 4055mt, che si trova a 4 ore di marcia dal il campo base. Fortunatamente ci sono stati anche tanti giorni tranquilli con cielo blue e senza nuvole che ci hanno regalato tanto sole e panorami stupendi delle cime himalayane, senza dimenticare le bellissime ore passate in compagnia degli Sherpa a fare festa dopo la cima. I programmi di salita si sono modificati di volta in volta a causa del meteo. Prima della partenza per il Nepal, era stato deciso di salire la “Via normale” ma a causa delle copiose nevicate durante i 6 giorni di trekking di avvicinamento e’ stato deciso di seguire una nuova via di salita aperta 3 anni fa da Kobler che e’ una guida svizzera che da molti anni organizza spedizioni un po in tutto il mondo e tanto anche in Himalaya. La sua via e’ più diretta, segue la parte centrale del massiccio del Himlung e non e’ esposta a grandi pericoli di valanghe o distacchi di ghiaccio da seracchi. Il campo base si trova dalla parte destra della grande morena glaciale del Pangri Glacier, a 3 ore di cammino dal paesino di Phu ….ad un’ altezza di 4637mt in centro ad un vasto pianoro al sicuro da ogni pericolo. I campi alti sono in tutto tre: il campo 1 si trova a 5300mt, il campo 2 a 5800mt ed il campo 3 a 6100mt. Per via della molta neve caduta una delle coseDSCN4916 più impegnative e’ stata sicuramente tracciare il percorso. Dal campo base al campo 1 ci si alternava con gli Sherpa a batter traccia nella neve che a tratti era più di 50cmDSCN5060….un lavoro duro ed estenuante ma che siamo riusciti a superare grazie all’ impegno di tutto il gruppo. Tutti i campi alti erano sempre posizionati in luoghi molto sicuri. Tra un campo e l’ altro si camminava mediamente sempre attorno alle 4 ore. Il tempo durante i giorni di salita e’ sempre stato davvero molto molto bello con giornate limpidissime e calde finche splendeva il sole, verso pomeriggio sera invece quando iniziavano ad avanzare le ombre il freddo arrivava puntuale a farsi sentire….anche se le temperature non sono mai state inferiori ai -10°. Avevamo previsto di fare la cima in due settimane allestendo con calma i campi alti in quota dandoci spazio con qualche giorno di riposo, cosa che pero’ non e’ stata cosi. A causa della neve e di ben 4 giorni persi abbiamo dovuto avanzare verso la cima con un bel tour de force, senza riposi, e tirando fuori tutte le energie possibili…..Il giorno 20 ottobre si e’ svolta la Puja al campo baseDSCN5000, cerimonia religiosa tibetana-nepalese che si tiene da un Lama (monaco buddista) e serve come buon auspico alla scalata dove vengono benedette le persone e materiale alpinistico. Il “piano d’attacco” prevedeva la partenza dal campo base il giorno 21 per salire al campo 1, tracciare il percorso nella neve fresca, fare un deposito con tende e ritornare successivamente al campo base. E’ stata una giornata dura che ha impegnato tutti parecchio a livello fisico, tracciare in un metro di neve a quell’ altezza non e’ poi cosa cosi semplice, specialmente se si sale con più di 20kg di peso nello zaino ….gli Sherpa ne portavano fino a 35kg. Il giorno 22 siamo ripartiti dal campo base saliti a campo 1 dormito continuato il giorno successivo a campo 2 il giorno dopo avanti a campo 3 depositato materiale, ridiscesi a campo 2 e poi sempre avanti a campo 3 dove abbiamo riposato prima del grande giorno. Il giorno della cima e’ poi stato il giorno 26 ottobre….siamo partiti alle 03.30 del mattino. Devo dire che il giorno prima ero un po preoccupato perché verso sera era iniziato a nevicare e c’ era parecchio vento, ma fortunatamente erano solo caduti 5-6cm di neve fresca e a mezzanotte erano uscite le stelle…. tranquillizzatomi sono riuscito a rimettermi nel sacco a pelo e riposare per un paio di ore. Colazione alle 02.30 a base di latte in polvere sciolto in acqua calda e un po di muesli con 2-3 biscotti….di più non riesco mai a mangiare prima di una cima impegnativa. Nello zaino avevo una thermos di acqua calda, un paio di guanti di riserva in piumino, un paio di occhiali a mascherina in caso di vento ed una giacca di riserva…… fortunatamente durante la salita c’erano solo -20° senza vento,si stava bene e la giornata era limpida. Il freddo si e’ fatto sentire un po ai piedi ma solamente per 4-5 ore poi pian pianino sono arrivati i primi raggi di sole e ho iniziato a scaldarmi per bene. Il gruppo era formato da 3 inglesi e Nikolaj un mio amico danese, e cinque Sherpa. Siamo partiti dal campo 3 a 6100mt e ci aspettava un dislivello alla vetta di 1100mt. La partenza presentava subito un prima parte DSCN5213abbastanza impegnativa caraterizzata da un pendio misto neve ghiaccio sul quale il giorno prima erano state poste delle corde fisse…..poi si procedeva lungo una cresta esposta di circa 600mt dove man mano che si avanzava fissavamo delle corde fisse per garantire una maggior sicurezza durante la scalata. Alla fine della cresta iniziava il pendio ripido che con i suoi 900mt di dislivello ci avrebbe portato alla cima. Lo Sherpa col quale ero d’ accordo di salire il Himlung si chiama Dawa Gyalje Sherpa….una persona fisicamente fortissima, gande esperienza nelle cime himalayane ( 7 volte Everest, Ama Dablam in invernale, Manaslu, Cho Oyu ….) e sempre sorridente… Con Dawa eravamo in testa al gruppo e mentre gli altri 4 Sherpa con i loro clienti seguivano, noi fissavamo corde fisse da 100mt. Lavoro che richiedeva tempo e molta attenzione perché per via di eventuali crepacci nascosti. Dopo avere posizionato i 600mt di corda fissa abbiamo continuato a corda corta la salita. Mantenvamo una distanza di 20 mt e si procedeva in maniera molto sincronizata: lui saliva io seguivo, lui si fermava io mi fermavo…poi ogni tanto recuperava i 20mt di corda e mi diceva “Christian now we rest a bit maybe 2 minutes…” io gli risposi “maybe also 3-4″…..lui rideva e diceva “OK” e si accendeva una sigaretta….Lo guardavo ridendo e dicevo “Oxygen” e lui “Yess” e se la rideva. Durante la salita avevamo trovato il giusto feeling e ritmo, e salire per molto tempo non e’ stato cosi difficile….si procedeva bene ma ci si riposava anche nei momenti giusti dando al corpo il tempo necessario per rigenerarsi. Eravamo avanti di un bel po rispetto agli altri che avanzavano più lentamente…. Il pendio del Himlung e’ un pendio ripido e che non molla mai….bisognava tracciare la salita in 20 cm di neve e fare attenzione alla line di salita da scegliere per evitare sorprese di crepacci. Quando mancavano gli ultimi 200mt prima della cima ho chiesto a Dawa se per lui fosse ok procedere un po più lentamente dandoci la possibilita’ di fare qualche pausa in più….per lui non c’ era nessun problema. Il metodo che oramai ho adottato da anni in salite impegnative di questo tipo e’ sempre il solito: conto i passi da 1 a 30 e poi mi fermo e man mano che salgo più su riduco la scala da 1 a 20 e da 1 a 10 e nella testa ho sempre due tre canzoni che canto mentalmente e che mi aiutano a mantenere un certo ritmo…la cima non la guardo mai….ma mi fisso su dei punti e penso “devo arrivare li, poi li ecc…..” la cima e’ l’ ultima cosa a cui penso. Per me e’ fondamentale procedere ad un ritmo in cui riesco sempre a salire, riposare ed essere anche lucido con la testa. La cima l’ abbiamo raggiunta il 26 ottobre alle 13.42.DSCN5253 Finalmente in cima, a 7126mt sopra il livello del mare, l’ altopiano tibetano a nord,le vette frastagliate del Nepal a sud. E’ stato un momento di grande soddisfazione, e bello essere cosi alti ad ammirare le montagne circostanti come Manaslu, Annapurna e capire la grandezza della catena himalayana…. Dopo aver riposato 10-15 minuti, il tempo di bere un po di tee e fare due foto ho chiesto a Dawa se era d’ accordo di iniziare a scendere. Non amo mai rimanere troppo su una cima, preferisco scendere con calma dandomi la possibilità di fare piuttosto più riposi in discesa per recuperare energie….Iniziata la discesa abbiamo potuto vedere che il resto del gruppo era a circa 50 minuti dalla vetta.DSCN5252 Ci siamo incontrati e l’ amico Nima mi ha chiesto se avessimo potuto attrezzare con 600mt di corda fissa la discesa per accelerare cosi le manovre di rientro al resto del gruppo che dopo la cima apparivano visibilmente stanchi, in ritardo rispetto alla tabella di marcia e un inglese del gruppo soffriva di ipossia cerebrale e aveva dovuto fare ausilio di ossigeno nell’ ultima parte della salita ed in discesa per evitare il rischio di “edema cerebrale”. E cosi abbiamo fatto. Le tende del campo 3 con Dawa le abbiamo raggiunte alle 17.40 con l’ ultima luce prima del buio, mentre gli altri del gruppo sono giunti al campo verso le 20.30….. L’ unica cosa di cui avevo voglia era solamante il mio sacco a pelo, mettermici dentro e dormire, non desideravo davvero altro. L’ indomani ci siamo svegliati con calma, dopo colazione ogni uno si e’ organizzato le sue cose personali, mentre gli Sherpa iniziavano a smontare le tende, siamo scesi con calma verso campo 1 a 5300mt. Passata un’ altra notte in tenda dormendo praticamente sui sassi, l’ indomani dopo una veloce colazione abbiamo iniziato a scendere proseguendo per il campo base dove abbiamo passato due giorni stupendi. Due giornate di totale riposo e relax con giornate piene di sole e senza nuvole, la prima “doccia” con acqua calda che ci ha fatto davvero rinascere… e mangiato come sempre molto bene grazie ai cuochi che si sono presi sempre molta cura di noi. Il 31 ottobre, abbiamo iniziato a smontare tutto il campo base organizzando il materiale che i muli avrebbero dovuto riportare  fino al villaggio di Phu.Per causa della tanta neve caduta nelle settimane precedenti, gran parte del sentiero di ritorno era stato coperto da enormi valanghe e per le forte piogge molte parti erano state completamente distrutte ed  tanto che i muli da Phu non potevano più essere utilizzati per via che il pericolo che precipitassero nei fiumi, sprofondassero nella neve o che si facessero male era troppo grande. In sostituzione agli animali da soma erano stati organizzati da un villaggio vicino cinque portatori: 3 umini e 2 donne. La maggior parte del materiale che avevamo utilizzato come tende, cucina ecc era stato depositato a Phu Gaun per la stagione prossima visto che Nima e la sua agenzia Dreamers Destination aveva gia in programma di ritornarci con una nuova spedizione. Il trekking nel talebansritorno era duranto 2 giorni di meno rispetto all’ andata ed una volta giunti Basisahar, stanchi ma contenti, ci attendeva un pulmino che ci avrebbe riportato a Kathmandu. Per me e’ stata anche questa una nuova e super avventura che mi ha di nuovo arricchito sia dal punto di vista umano che come esperienza alpinistica. Vorrei ringraziare  Nima e Temba della Dreamers Destinations di Kathmandu IMG_9925per la super organizzazione e tutti gli Sherpa,portatori e i cuochi che ci hanno aiutato davvero tanto in maniera fantastica, senza i quali questa salita non sarebbe stata possibile. Un grazie ai miei compagni di spedizione e un grazie di cuore a tutti gli sponsor che mi hanno permesso di potere realizzare un’ altro sogno….e tutti gli amici che mi hanno scritto messaggi e parole di incoraggiamento in queste 5 settimane.DSCN1

Posted by: christiandenicolo | 09/11/2014

Raggiunta la cima del Himlung Himal 7126mt

Dopo tanta neve e fatica sono riuscito a raggiungere la cima del Himlung Himal 7126mt….sono sulla via del ritorno e fra pochi giorni vi aggiorno con un racconto ed immagini di questa mia nuova salita.

Posted by: christiandenicolo | 02/10/2014

….pochi giorni alla partenza….

Oramai mancano solo più un paio di giorni alla partenza, il materiale e’ pronto, tutta la parte burocratica e’ stata portata a termine, le valige quasi chiuse, spero che mi venga consegnato in tempo lo speck, parmigiano e caffe come promesso da alcuni fornitori….e poi domenica si parte. Mi fermero’ nelle zone di Brescia per un’ intervista veloce a PIU VALLI TV , mi incontrero’ con qualche sponsor poi da li diretti a Milano all’ aereoporto. Altre news riguardo la spedizione le inviero’ la settimana prossima da Kathmandu in Nepal. Un GRAZIE va naturalmente a tutti gli sponsor e amici che mi hanno aiutato e sostenuto in questo mio nuovo progetto…..a presto!!

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Posted by: christiandenicolo | 22/09/2014

Spedizione Himlung Himal 7126mt

himlung 1Mancano poco più di 2 settimane alla partenza della mia nuova spedizione che mi riportera’ per la sesta volta in Nepal. La cima che ho scelto di salire questa volta e’ il Himlung Himal di 7126mt. Si trova nei pressi dal famoso e vasto gruppo montuoso dell’ Annapurna al confine tra Tibet e Nepal.  E’ una montagna che in passato e’ gia’ stata salita, ma non e’ forse ancora cosi conosciuta come le solite mete degli 8000 mt himalayani o cime più basse come Pumori, Ama Dablam, Mera Peak, Island Peak ecc. La partenza e’ prevista da Milano il 5 ottobre. A Kathmandu mi incontrero’ con degli amici Sherpa che conosco gia’ da diversi anni e che gestiscono l’ agenzia di viaggi Dreamers Destination. Durante il mio ultimo viaggio in Nepal parlando con loro mi ero informato se per il 2014 avessero in programma qualche salita su un 7000mt, se avessero gia’ clienti interessati ad una cima di questo tipo, e se eventualmente avessi potuto aggregarmi a loro nel caso venisse organizzato qualcosa. Passato qualche mese dal mio ritorno a casa, mi arrivo’ una mail dall’ amico Temba Tsheri Sherpa, informandomi che  c’ erano alcuni scalatori cinesi, inglesi e koreani interessati a scalare il Himlung e che se avessi voluto avrei potuto aggregarmi senza problema a loro gruppo. Senza pensarci due volte ho risposto dicendo loro: ” Ok i will be there with you in october for Himlung.” Con Temba, Mingma e Nima sono sempre rimasto in contatto, un po’ per amicizia un po perché avevo interesse ad avere più informazioni possibili e dettagli tecnici riguardo la salita di questa montagna.  Negli anni passati durante le mie spedizioni partivo sempre spesso e volentieri con compagni gardenesi, della Valbadia o bresciani. Questa volta con molto dispiacere con me non ci sara’ purtroppo nessuno di loro, l’ unica persona che ha dimostrato interesse a questo mio progetto e’ stato l’ amico danese Nikolaj col quale in passato avevo salito il Kilimanjaro e l’ anno passato mentre facevo un trekking nella vale del Khumbu lui era impegnato sempre in Nepal nella salita del Mera Peak da dove e’ poi sceso con gli sci. Dopo un breve periodo di scambio di informazioni con gli amici nepalesi e chiariti diversi dettagli su questa nuova spedizione, ho messo subito le mani avanti organizzando due biglietti aerei, scrivendo e spedendo lettere di richiesta per una eventuale sponsorizzazione a vari enti pubblici e privati, presentandomi a loro anche personalmente spiegando in maniera più dettagliata la salita ed il mio nuovo progetto. Devo dire che la cosa e’ stata accolta in maniera molto positiva e questo mi ha fatto enorme piacere. Ora siamo qui, mancano poche decine di giorni alla partenza e posso finalmente dire che e’  quasi tutto pronto. In questi giorni sto sbrigando gli ultimi pagamenti per quanto riguarda le assicurazioni di viaggio, i permessi ed i visti in Nepal e sto defininendo alcune cose con degli sponsor. Inoltre c’e’ da controllare che tutto il materiale tecnico (Hardware e vestiario) sia perfettamente apposto, rivedere che tutto il materiale medico (medicinali e set da medicazione) non sia scaduto e pianificare al meglio il trasporto di tutti i materiali.  Organizzare una spedizione non e’ una cosa poi cosi banale, ci sono molte cose da organizzare, ma per fortuna l’esperienza fatta negli anni passati aiuta molto ed il sistema migliore per avere tutto sott’ occhio e’ quello di mettere giu’  per iscritto liste di ogni genere. E’ vero che i giorni stanno passando velocemente ma nel frattempo sto continuiamo col lavoro a casa, con le mie scalate in roccia e naturalmente vado avanti con gli allenamenti. Diverse persone mi hanno chiesto incuriosite che tipo di allenamento facessi in preparazione di spedizione. La preparazione e’ una parte fondamentale per chi intende affrontare salite di questo tipo, ma a mio parere e’ anche vero che e’ una cosa molto soggettiva ed individuale e di conseguenza non esistono delle regole fisse. Per quanto mi riguarda posso solo dire che a me piace molto la corsa in montagna, amo affrontare salite ripide utilizzando anche i bastoncini leggeri per spingere un’ attimino in più e qualche volta mi carico uno zaino con bottiglie di plastica da 1 lt e 1/2 piene di acqua per un peso di 25kg e salgo dal Passo Sella alla forcella del Sassolungo o da Selva al Ciampinoi o Stevia per sentieri e strade forestali.allenamento 005 Per me l’ importante e’ fare fatica e mai mollare. Cerco di arrampicare il più possibile, mentre in inverno faccio prevalentemente salite lungo le piste da sci o salgo montagne con gli sci da scialpinismo. Ci sono giornate dove mi piace molto uscire in compagnia di amici che ringrazio molto per la pazienza e per la voglia che hanno di alzarsi sempre molto presto al mattino ( 5.30 – 6.00 )….. Altre volte invece sento il bisogno di dovere allenarmi da solo. In due e’ bello perché uno tira l’ altro e ci si sfida un po a vicenda, mentre le uscite solitarie mi danno di piu’ la possibilità di isolarmi un po da tutto e da tutti, ed ho il tempo per fare correre i pensieri e concentrarmi su quello che devo fare. In questi giorni sento molto di più la pressione della partenza, so che non posso perdere i giorni per strada e che bisogna sbrigarsi a sistemare il tutto al meglio. Cosi quando corro, oltre alla fatica fisica, con me corrono anche i mille pensieri.

Anche quest’ anno ho avuto la fortuna di trovare degli sponsor che mi sosterranno economicamente, o con la fornitura di  materiali.

Con l’ occasione  vorrei davvero cogliere l’ occasione per ringraziare davvero tutti quanti perche’ si sono dimostrati cosi disponibili ed entusiasti per questo mio nuovo progetto. Spero e mi auguro di potere contraccambiare con tante belle foto e col successo della cima.

Vorrei ringraziare in particolare modo il Consorzio Turistico VALGARDENA DOLOMITES, la Ditta di bevande RABANSER, la KOBIS Srl di Milano, la Ditta  HOFER Group Valgardena, il negozio DOLOMITI ADVENTURES, Caffe CAROMA di Fie’ allo Sciliar, la Ditta di generi alimentari WOERNDLE, Il negozio di articolo sportivi ACTIV di S.Cristina, la Forge FEDRIGA, MAME forgiature, la DITTA T.B,M. Srl, FRANCIACORTA international Circuit, la Ditta CRAFT, M&M Forgings e la Forge MONCHIERI.

Un grazie anche a Silke Unterkircher e Manuela Sparpani Nones sempre disponibili a prestarmi tende, sacchi a pelo o barili porta materiali.

 

La spedizione iniziera’ da Kathmandu dove i primi due giorni saranno dedicati a impegni burocratici, poi ci sara’ un traseferimento in bus di 13 ore da Kathmandu al paesino Besisahar che si trova nella valle del Khaligandaki da dove inizieranno 6 giorni di trekking che saranno molto utili per iniziare la fase di acclimatamento. Raggiunto il campo base del Himlung avremmo circa 2 settimane di tempo per allestire i campi in quota che saranno 3 e tentare la cima.

Ulteriori aggiornamenti li pubblichero’ più avanti.

 

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dolomiti

 

 

activCraftOK

 

 

Posted by: christiandenicolo | 17/06/2014

“Voglia di riprovarci” Himlung Himal 7126mt NEPAL

cho oyuNel 2010 ho provato a salire il Cho Oyu, cima di 8200mt, pero’  senza raggiungerne la vetta. Mi ero fermato al campo 2 a 7300 mt per troppo vento e le temperature molto fredde che si aggiravano sui – 18° in tenda e  – 30° quella esterna. Continuare la salita senza l’ ausilio di ossigeno e con quella situazione metereologica sarebbe stata molto dura e con alto rischio di congelamenti a mani e piedi. Nell’alpinismo una certa componente di pericolo c’e’ inutile negarlo, ma credo che non ci si debba mai esporre troppo a rischi inutili andando contro natura. So quanto sia difficile rinunciare ad una cima, mi e’ capitato più di una volta di tornare a casa a mani vuote. Sai che il tuo obiettivo e’ li davanti al naso ma per una cosa o per l’ altra come: il tempo che cambia, il pericolo di valanghe, tu che non ti senti al meglio, il freddo,… sei obbligato a fare dietro front e mollare tutto. Ma quando situazioni di questo genere possono mettere a rischio la propria persona  e’ bene non pensare troppo e fare ragionare la testa. La montagna non scappa, quella rimarra’ li per sempre, meglio ritornarci un’ altra volta da vivi che rischiare eccessivamente e non farvi mai più ritorno. Siamo alpinisti con una certa esperienza alle spalle e penso che il non raggiungere la cima non debba essere interpretato come una sconfitta. E’ vero che ti alleni tanto, investi molto tempo e denaro, ma per me ogni cima fatta o almeno provata e’ allo stesso tempo  un’ arrichimento dal punto di vista umano ed alpinistico. In questi ultimi anni non ho più avuto occasione di scalare “grandi cime” come gli 8000 himalayani, ma ho comunque continuato a girare per il mondo salendo montagne un po più basse ma che mi hanno lo stesso dato tantissime soddisfazioni. Ho visitato paesi con persone e religioni diverse dalla nostra  e scoperto nuove montagne molto interessanti come ad esempio il Mt Ararat in Armeniamissione ararat o il Mt Damavand in Iran.Mt Damavand 156 Montagne che ho salito e sceso con gli sci. L’anno scorso per l’ ennesima volta ero nuovamente in Nepal a fare un trekking e guardando le cime dell’ Everest, dell’ Ama Dablam, Nuptse, Islan Peak, Manaslu….ho sentito  dentro di me la voglia di riprovare a salire una cima in Himalaya. Conosco molto bene le fatiche fisiche e mentali che si provano durante queste ascensioni, so benissimo cosa significa dormire in tenda e al freddo per 4-5 settimane ma cio’ nonostante ho ancora voglia di strapazzarmi un po. Nel 2006 avevo provato a salire il Pumori, cima di 7200 mt, nepal 004che si trova nelle vicinanze dell’ Everest… ma purtroppo anche qui con esito negativo per non dire una spedizione finita in maniera molto tragica dove in una valanga persero la vita ben 4 Sherpa. Due di questi fra l’ altro miei amici, Jangbu Sherpa e Phurba Sherpa, con i quali io e altri tre compagni di spedizione avremmo dovuto andare in vetta. La spedizione al Pumori fu un evento che mi segno’ in particolar modo. Basta pensare alla tragedia di quest’ anno all’ Everest dove 16 Sherpa sono morti nel POP CORN field o meglio conosciuto come Ice Fall travolti da una valanga di ghiaccio e neve mentre mettevano in sicurezza con corde fisse e scale crepacci e seracchi per le spedizioni commerciali che li obbligatoriamente devono passare per continauare la salita alla cima più alta del mondo. Nutro un grande e profondo rispetto e tanta ammirazione per il lavoro che svolgono gli Sherpa perché sono persone che danno anima e corpo per pochi dollari e nonostante le grandi fatiche sono sempre generosi, sorridenti e pronti ad aiutarti. Ci volle un anno intero per elaborare e capire cio’ che era accaduto in quella spedizione. Avevo la testa talmente piena di confusione, dubbi e paure che mi sentivo vuoto, insicuro e privo di nuovi obiettivi. Non sapevo più cosa mi sarebbe ancora piaciuto scalare, con chi andare, e dove andare. Al Pumori ho solo capito una cosa, “quanto poco ci voglia a morire”. Spesso leggevo nei libri di alpinismo di tragedie durante le ascensioni sulle montagne più alte del mondo. Scalatori che morivano in tenda di edema polmonare o cerebrale, altri che riportavano importanti congelamenti al punto tale che dovevano essere amputate parti di mani e piedi, morti che giacevano ancora ancorati lungo le corde fisse, alpinisti spariti e mai più ritrovati. Leggevo ma onestamente  erano cose che facevo fatica a capire ed immaginare. Invece quando tu vivi in prima persona una storia del genere inizi a capire ancora meglio un dramma e cio’ che avevi letto. Durante la salita al Cho Oyu ho vissuto in prima persona eventi del genere appena descritti. Sono cose difficili da dimenticare e soprattuto da spiegare a chi non vive questo tipo di “alpinismo”. Ho imparato che non bisogna mai dare nulla per scontato, mai sottovalutare i pericoli e anche se ti trovi in situazioni favorevoli e’ bene cercare di essere sempre concentrati al massimo perché basta un niente, una distrazione e la si puo’ pagare a caro prezzo. L’ alta quota e’ un mondo diverso dall’ alpinismo classico praticato  in Dolomiti o nelle Alpi. Le quaote sono superiori di ben 4 – 5000 mt rispetto alle nostre montagne, pareti talvolta davvero infinite e se da noi 1000mt di dislivello li puoi superare in 3-4 ore li ne impieghi più del doppio. Ogni metro che inizi a salire sopra i 5500 mt richiede sforzi fisici notevoli. Avere un buon gruppo di persone al fianco e’ importantissimo ma alla fine su quella montagna sei solo, sei tu con le tue fatiche i tuoi pensier e nient’ altro….hai i tuoi compagni di spedizione che sono figure fondamentali, perché e’ con loro cerchi di organizzare al meglio la salita, ma alla fine ogni uno vive per se stesso e poco volentieri sprechera’ le sue energie per gli altri. E’ un mondo crudo, fatto di egoismo e se si vuole anche di solitudine ma allo stesso tempo un mondo molto affascinante, una dimensione cosi diversa che mi ha fatto conoscere più volte i miei limiti fisici e mentali. E’ un mondo dove ci vuole sempre tanta fortuna e quella certa “paura positiva” che ti aiuta a sopravvivere. Ho conosciuto alpinisti come l’ amico Walter Nones e Karl Unterkircher, Hans Kammerlander, Ferran Latorre, Natxo Orviz, Simone Moro, Juanito Oiarzabal, Denis Urubko , tutti grandissimi alpinisti che se li ascolti parlare o li leggi hanno tutti provato le stesse cose. E nonostante tutto questo ho sempre ancora la voglia e la motivazione di andare avanti. L’ idea di questa nuova spedizione e’ nata proprio a Kathmandu durante una cena dopo il trekking. Chiacchierando con i miei amici nepalesi discutendo ovviamente di montagna ,siamo arrivati a parlare di un 7000 che loro volevano organizzare come prossima spedizione per l’ autunno del 2014. La cima in discussione era il Himlung Himal, montagna che con i suoi 7126 mt si trova vicino al  gruppo dell’ Annapurna.  L’idea di questa montagna mi e’ piaciuta fin da subito anche perché nel 1998 avevo gia’ fatto un trekking da quelle parti ed e’ cosi e’ che e’ nato questo mio nuovo progetto.himlung foto spedizione
La partenza e’ prevista per il 6 ottobre. Con me ci sara’ l’ amico danese Nikolay Niebuhr e forse in un ultimo momento anche l’ amico di Cividate Camuno Lucio Bonali. Per la logistica mi appoggero’ all’ agenzia Dreamers Destinations di Kathmandu che si occupera’ di tutta l’ organizzazione e del trasporto dei materiali al campo base. Durante la salita saranno con me gli amici Mingma G. Sherpa e Temba Tsheri Sherpa. che hanno al loro attivo salite come Everest, Cho Oyu, Manaslu, Ama Dablam…ecc….e come sempre, la salita averra’ senza l’ ausilio di ossigeno extra.

Si partira’ da Kathmandu in autobus e si arrivera’ a Besi Sahar da dove con un trekking di circa 6 giorni si arrivera’ al campo base . Ci sara’ un campo base avanzato e 3 o 4 campi alti prima dell’ attacco finale alla cima. himlung

Altri dettagli ed aggiornamenti li mettero’ nel mio blog piu’ avanti.

SPONOSR: Vorrei cogliere l’ occasione per ringraziare il consorzio turistico Val Gardena Dolimites ed il Sig. Franz Rabanser della Ditta Rabanser & Co. per il rinnovato sostegno e  l’ agenzia di marketing KOBIS che da quest’ anno e’ un mio nuovo sponsor. Un grazie naturalmente anche alle ditte: Forgiature MAME, FORGE Monchieri, M&M Frogings, Lion Meccanica, La Franciacorta International Circuit e la TB. M.  S.R.L. che da anni sostiene economicamente il progetto EXPO Expedition 2015 ideato dall’ amico Lucio Bonali e grazie anche alla redazione di Più Valli TV di Darfo Boario Terme che da anni segue con interesse le nostre spedizioni aggiornando amici e conoscenti con informazioni delle nostre imprese. Sarebbe bello riuscire a trovare ancora uno o due sponsor interessati a questa mia spedizione inquanto mi piacerebbe aiutare qualche centro di primo aiuto per le popolazioni Sherpa e acquistare un po di materiale scolastico come penne e quaderni per gli scolari di qualche scuola nepalese.    A presto ed un caro saluto a tutti.

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Posted by: christiandenicolo | 02/01/2014

Ghiaccio al Sassolungo……let’s rock it up

Vorrei iniziare l’ anno 2014 col salutare tutti coloro che seguono questo mio blog facendo a tutti i migliori auguri per l’ anno nuovo sperando che sia un anno sempre pieno di cose positive e tante belle cime e soddisfazioni in montagna.

Quest’ ultimo Dicembre, in particolare nelle settimane che precedevano il Natale, sia in Valgardena che nei dintorni c’ e’ stata una forte attività di scalate in ghiaccio. In particolare nel gruppo del Sassolungo e nelle zone del Pordoi. Sul sito www. dolomitesalpine.it potrete leggere degli articoli ruguardo le varie salite compiute.
Nel mio blog vorrei riportare un articolo pubblicato sul sito dove racconto di una salita compiuta con mio cugino Lukas Runggaldier, anche lui membro del gruppo Catores.

Ghiaccio al Sassolungo

di Christian Denicolò

Inizia l’attività invernale sulle pareti della Val Gardena. Le condizioni meteorologiche delle scorse settimane hanno favorito la formazione delle colate di ghiaccio in quota.
Christian Denicolò ci racconta della sua salita alla parete Nord-Est del Sassolungo.

Buona lettura e buon inverno a tutti!!

Domenica 1 dicembre con l’ amico Lukas Runggaldier siamo saliti la cascata di ghiaccio che si trova tra Rifugio Comici e skilift Paradiso nella zona Plan de Gralba sul Sassolungo.

Partiti con sci e pelli di foca dal Passo Sella dopo 1 ora abbiamo raggiunto la base della parete dove davanti a noi si presentava una bella colata ghiacciata che sara’ sui 150mt di lunghezza. La temperatura era ideale ed il ghiaccio in condizioni buone. Sicuramente fra tutte le colate di ghiaccio presenti in questa zona questa da noi salita e’ la più abbondante di ghiaccio ed interessante.

La salita si sviluppa in 4 tiri. I primi 3 hanno una lunghezza che varia tra i 30-40mt , il 4 tiro e’ leggermente più corto. Per accedere al primo tiro bisogna risalire un piccolo avancorpo roccioso con piccolo passaggio in roccia per arrivare alla base della partenza.

Le prime soste si possono fare tranquillamente sfruttando i chiodi da ghiaccio, la sosta del terzo tiro l’ abbiamo fatta su clessidra di roccia e l’ ultimo tiro aveva gia una sosta attrezzata su due chiodi. Dal quarto tiro sarebbe stato bello proseguire ma il ghiaccio mancava completamente e si sarebbe dovuti arrampicare su roccia utilizzando chiodi da roccia e friends per l’ assicurazione…. la parte superiore era anche molto “magra” come ghiaccio e sicuramente difficile da proteggere. Da qui la decisione di scendere dopo il 4 tiro.

Per la discesa non c’é problema perché la prima doppia di 55mt avviene su sosta attrezzata con 2 chiodi e spezzone nuovo e moschettone cambiato da noi.

Scendendo e guardando in giù a sinistra su bellissime placche compatte abbiamo lasciato in una bella clessidra un kevlar rosso con anello da dove si prosegue la discesa per altri 50mt per raggiungere questa volta spostandosi completamente a destra della cascata a degli spezzoni di sosta in buona clessidra che permettono con altri 40mt di raggiungere perfettamente e facilmente la base della parete dove avevamo depositato gli sci e lo zaino.cascata sassolungo 009

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Un’ altra bella salita realizzata a Dicembre e’ stata insieme al amico, guida alpina e Cator Reinhard Senoner con il quale ho salito dalla “cengia dei Fassani” sempre nel gruppo del Sassolungo per ben sette tiri di ghiaccio un canale raggiungendo poi la cima dello Spallone del Sassolungo a quota 3081mt.

Siamo partiti di buon ora verso le 06.00 da Selva per andare in macchina al Passo Sella, da li a piedi siamo risaliti la forcella del Sassolungo fino al Rifugio Toni Demetz per poi scendere da dove in estate parte la “Via normale” del Sassolungo……alla cengia dei Fassani ci siamo preparati tutto il materiale necessario tra corde, chiodi da ghiaccio, rinvii, picozze ed un piccolo zaino contenente qualcosa da mangiare ed una thermos di tee caldo. Le condizioni di salita verso la forcella erano ottimali vista la poca neve, dove abbiamo dovuto fare più attenzione era sicuramente l’ attraversare la cengia che ci portava all’ attacco della nostra salita…..c’ era molta neve ed era anche molto esposta visto la grande quantità di neve che si era accumulata in quel posto particolare. Il ghiaccio presentava dei tiri molto belli in salita, il secondo tiro e’ stato quello più impegnativo visto la sua verticalita’ e salita esposta e delicata. I rimanenti 5 tiri presentavano del ghiaccio davvero ottimale e bello da scalare con molte più possibilità anche nell’ assicurazione durante la progressione.
Alcune soste erano gia presenti, qualcosa abbiamo attrezzato noi sia in salita che in discesa con mezzi propri. Una volta raggiunta la sosta del settimo tiro, abbiamo abbandonato le corde fissandole bene con nodi sicuri ed abbiamo contiunato autonomamente con due piccozze e ramponi risalendo gli ultimo 3-400mt che ci avrebbero portato alla cima dello Spallone.
La giornata era perfetta….un’ alba stupenda che abbracciava tutte le montagne dolomitiche e noi compresi e lo 0 termico a 2800mt un cielo perfettamente blue e limpido senza nuvole. La discesa e’ avvenuta per la stessa via di salita. Siamo rientrati verso le 17.00 di pomeriggio……una giornata lunga ma sicuramente per me una delle più belle mai vissuta cosi in inverno.
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Altre belle salite sono state compiute da miei amici e compagni di soccorso alpino, guide alpine e membri del gruppo dei Catores come Adam Holzknecht e Simon Gietl o la cordata composta dai due giovanissimi gardenesi Martin Dejori e Alex Walpot lungo la stupenda parete del Sass Pordoi dove scalando in parte su roccia la “Via Fedele” si riusciva quest’ anno a raggiungere una stupenda colata ghiacciata e terminare sulla grande cengia…da li poi e’stato ancora possibile raggiungere la sommita’ del Sass Pordoi a 2950mt per un’ altra colata ghiacciata. Altre belle salite sono state portate a termine sulla cima della Torre Innerkofler lungo la cascata “Mistica”, oppure in Vallunga, in Val Badia, Val di Fassa….
Della salita al Pordoi potete leggere sul sito dolomitesalpine.it di cui vi ho menzionato all’ inizio.

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